Gilco, l’innovatore dei telai

Laura Ferriccioli

Difficile trovare un’auto da corsa degli anni Quaranta e Cinquanta che non abbia un telaio firmato dal celebre genio milanese dei tubi curvati a freddo. Nell’anno del centenario della nascita di Gilberto Colombo, ne onoriamo la memoria insieme a un suo stretto collaboratore, Martino Colombo

 

Gilberto Colombo è stato il re dei telai. Il primo a capire e a diffondere il concetto per cui una struttura solida, forte ma leggera, era importante in un’auto da competizione quanto il motore. Era nato il 28 agosto 1921. Se fosse ancora vivo, quest’anno compirebbe cento anni. Ingegnere, aveva lavorato nell’azienda di prodotti industriali in acciaio aeronautico del padre prima di fondare la Gilco Autotelai a Milano, la sua città. Con quel marchio (Gilco era un acronimo composto con le prime lettere del suo nome e del cognome) ha segnato un’epoca. Quella dell’età dell’oro delle corse, gli anni Cinquanta. Ha firmato praticamente tutti i telai delle racer dei più importanti costruttori dell’epoca in Italia, a partire già dalla fine del decennio precedente. Contribuendo così, con i suoi tubi al cormo molibdeno curvati a freddo, al successo di tante case automobilistiche.

 

Gilberto Colombo

 

Ferrari, Maserati, Alfa Romeo. Ma non solo, anche Ermini, Nardi-Danese, Giusti. Il primo in assoluto a volere un telaio Gilco, nel 1946, è stato Stanguellini. Dai telai tradizionali 750 e 1100 della Topolino, sui quali l’urgenza era aumentare la tenuta di strada, Gilberto Colombo ha sempre elaborato soluzioni ad alto tasso di innovazione passando subito ai più moderni telai a traliccio. Dai quali, nel 1950, ha creato l’esclusivo modello Tuboscocca, una struttura aerodinamica completa “a gabbia”, che in alcuni casi includeva anche il sostegno integrale della carrozzeria (modello Isorigid).
Martino Colombo, classe 1952, ha lavorato insieme a lui finché Gilberto non è mancato, nel 1988. “Eravamo cugini”, precisa. “Lui sapeva che m’ero iscritto al Politecnico e quando ha avuto bisogno di un disegnatore mi ha assunto. Era il 1981”.

Pubblicità Gilco Autotelai con Tuboscocca Isorigid

 

Operai Gilco al lavoro


A quando risale il primo approccio di Gilco ai telai?
Dopo il diploma al liceo classico, Gilberto, nel 1939, si è dedicato giorno e notte a un telaio perché aveva idea di andare a correre alla Mille Miglia. E così, con il supporto di mio padre, che gestiva la trafileria e la produzione nell’azienda della sua famiglia, ha messo insieme un’auto che per lui era da competizione. Era però basata sulla vecchia componentistica di una Fiat 1500 6 cilindri disastrata e non è durata molto. È stata la prima Gilco in assoluto. Dopo questa esperienza, Gilberto si è iscritto al Politecnico di Milano dove, appena finita la guerra, il professor Mario Speluzzi, direttore tecnico della Scuderia Milan dei fratelli Ruggeri, lo ha incoraggiato a progettare un telaio tubolare, che è stato di fatto il primo costruito e venduto dalla Gilco”.

La Ferrari 125 S e, sotto, il suo telaio

E l’intensa collaborazione con il Cavallino come è nata?
Alla fine del 1946, mentre era direttore tecnico nell’azienda del papà, Gilberto ha visto un giorno sul Corriere della Sera un annuncio di Enzo Ferrari che metteva in vendita delle fresatrici. Le macchine gli servivano. Ricevuto a Maranello dal ragioniere che curava le vendite, quando ha sentito il prezzo ha fatto un passo indietro. Pochi minuti dopo “il commendatore” gli ha rivelato in modenese che stava finalmente finendo un’auto, perciò doveva mettere insieme una buona somma. Incuriosito, Gilberto gli ha chiesto della vettura, iniziando a parlargli dei telai che aveva iniziato a fare nella ditta del padre, che Ferrari conosceva. A quel punto si sono spostati nell’ufficio tecnico, dove gli sono stati presentati Gioacchino Colombo e due disegnatori. Non ne è uscito fino a mezzanotte, tanto sono rimasti tutti a parlare. Ed ecco che Gilberto quando è ripartito ha portato con sé una bella stretta di mano del Drake, che gli aveva commissionato il telaio della Ferrari 125 S. Altro che fresatrice. È nata così un’alleanza durata per tutto il decennio successivo”. 

“Alla Gilco con riconoscenza”: è il trofeo che Enzo Ferrari ha voluto regalare a Gilberto Colombo durante gli anni della loro collaborazione


In pratica, tutti i telai Ferrari dalla nascita del marchio fino al 1958 sono opera di Gilberto.
Mio cugino mi diceva che quegli anni sono stati tra i più belli della sua vita: Ferrari gli aveva messo a disposizione un ufficio con un disegnatore a Maranello, e lui vi passava un paio di giorni alla settimana”.

Poi c’è stato lo stop alle corse…
“Già il 1955 per Gilberto è stato un anno traumatico perché a maggio è morto Alberto Ascari, suo grande amico. Poi, circa un mese dopo, la tragedia di Le Mans l’ha turbato di nuovo profondamente. Per la Gilco, che era arrivata ad avere una ventina di dipendenti, la sospensione delle gare ha causato un periodo terribile sotto l’aspetto finanziario. In più ci sono stati per Gilberto problemi di salute e continui contrasti col padre, il quale, nonostante tutti i telai che il figlio aveva realizzato, non vedeva di buon occhio il suo impegno in questo campo. Mi ha anche raccontato che Enzo Ferrari, sapendo di questa sua difficoltà familiare, gli disse un giorno che al di là della strada aveva dei terreni e se voleva poteva trasferirsi a lavorare da lui: “Ti costruisco il capannone e sarai il mio uomo dei telai”. Ma Gilberto non accettò, e più volte m’ha detto di aver fatto un errore. Del resto, però, se avesse accettato non avrebbe potuto impegnarsi nelle sue altre passioni, ovvero gestire la propria azienda e progettare barche e biciclette”.

La Cisitalia 202 one-off del barone La Motta e, sotto, il telaio e un dettaglio del disegno

 

Che tipo era Gilberto Colombo, com’è stato lavorare con lui?
Era una persona che faceva sentire gli altri a proprio agio, sul lavoro dava tante di quelle informazioni…! Tutto quello che ho appreso nel campo della progettazione lo devo a lui. Mi diceva che da quando si comincia dal foglio bianco a quando si arriva a un buon risultato si deve ripensare e rifare tutto sette volte”.

La Ferrari 340 Mexico e, qui in basso, un dettaglio del disegno

Il telaio della Ferrari 250 GT Testarossa

 

Qual è stato l’ultimo progetto Ferrari firmato Gilco?
È stato il primo prototipo della Ferrari 250 Testarossa, ma la collaborazione è continuata anche dopo, come è avvenuto con le altre case, fra cui la Maserati. Quando ha lasciato la trafileria del padre, nel 1966, Gilberto ha conservato la proprietà del marchio Gilco ma non poteva più dedicarsi a tutto campo alle automobili. Ha rilevato la Trafiltubi (che esiste tuttora e detiene l’archivio aziendale della Gilco e il registro storico) e si è occupato di automobilismo come professionista indipendente. Anche in Lamborghini l’hanno chiamato per qualche prova di collaudo sulla prima GT, la 350. Negli anni Sessanta aveva poi costituito una società, la Tecnostrutture, con la quale aveva realizzato i telai della Fiat Ghia 1500 GT”.

Una delle quattro alfa Alfa Romeo 6C 2500 SS Ghia Supergioiello costruite ha il telaio Gilco

 

Tra le tante rarità stradali con telaio Gilco c’è la splendida Alfa Romeo 6C 2500 SS del 1951, unico dei quattro esemplari realizzati.
È stata una sorpresa di chi l’ha acquistata negli anni Novanta, che si aspettava un normale telaio Alfa Romeo e ha scoperto durante il restauro che era un Gilco. L’ho saputo da Angelo Tito Anselmi, il giornalista: era stato contattato dall’austriaco che aveva acquistato la vettura e insieme siamo andati ad autenticarla. È successo dopo la morte di Gilberto, che per l’Alfa Romeo ha creato parecchi progetti: probabilmente questo telaio doveva anche ospitare la meccanica del successivo 6C 3000 che poi non è stato prodotto”.

La Gilco 237, basata su meccanica Fiat 1400, che avrebbe dovuto diventare una vettura Cisitalia di massa


Molte sono anche le vetture che non hanno visto la luce, tra le quali la Gilco 237 che l’ingegnere aveva studiato per Cisitalia quando l’azienda era ormai in amministrazione controllata.
Gilberto suggerì a Dusio figlio di costruire una vettura meno costosa della Berlinetta 202 per consentire un maggior margine alla ditta. E aveva cominciato a mettere insieme un telaio tubolare con la meccanica della Fiat 1400: è l’unico progetto di Gilberto sopravvissuto fino a noi completo, con telaio già eseguito e le lamiere della carrozzeria. Ci sono poi dei disegni per una Cisitalia 403 Competizione che non abbiamo mai capito cosa dovesse essere. Forse un’ulteriore versione, magari da corsa, della 202D con motore bpm 2000. Intanto siamo venuti a sapere che i quattro telai della 202D sono di Gilco”.

Gilberto Colombo pensava anche all’efficienza della carrozzeria e in qualche caso se ne è occupato direttamente.
È vero, infatti non molti lo sanno ma all’interno della Gilco c’era anche un piccolo reparto con tre battilastra, di cui uno proveniente da Zagato. Molte carrozzerie sono state messe a punto da Gilco per i gentleman driver, ma non solo. L’azienda aveva cominciato a fare studi di stile e aveva lavorato per Vignale. Mentre con Maserati Gilberto ha collaborato alla 3500 GT, anche se sono stati scelti i bozzetti della Touring. La Berlinetta 214, poi, realizzata con telaio Isorigid, è sempre stata considerata un’opera di Zagato ma in realtà Gilco aveva costruito anche la carrozzeria. Nel 1953 è stata la sua auto personale, un pezzo unico esportato in seguito negli USA. Era un progetto che aveva proposto per la Siata Daina, con meccanica Fiat 1400”.

Gilberto Colombo


Quali progettazioni automobilistiche l’hanno visto impegnato in tempi più recenti?
La proposta di carrozzeria per la Daimler SP 250 e un progetto per un’Alfa Romeo da rally Gruppo B insieme a Zagato, mai prodotta. Gilberto era stato anche interpellato per una supercar, la Diablo, che doveva essere realizzata sostituendo il telaio multitubolare della Countach. Le soluzioni scelte dalla Lamborghini furono poi altre ma intanto anche negli anni Ottanta, tecnologicamente molto più avanzati, in fatto di tecnica estrema Gilco ha continuato ad avere una buona voce in capitolo”.

Questa intervista è apparsa anche nel mensile La Manovella

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