Velomotor Testi, le moto italiane che il mondo ha perduto
Con una produzione di 20mila ciclomotori all’anno, la Velomotor Testi di Bologna è stata una vera industria. Esportava in 36 paesi, Stati Uniti compresi, finché non è rimasta travolta finanziariamente in un’iniziativa in Cina con partner stranieri. Tra i suoi fiori all’occhiello c’erano il Trail King degli anni Sessanta e il Champion, del decennio successivo. Tutte rarità che oggi sono in mano a collezionisti e che è molto difficile trovare sul mercato
“Testi… tecnica con fantasia”: con questo slogan, Erio Testi ha condotto fino alla fine degli anni Ottanta l’azienda fondata dal padre Umberto nel 1934. Un motto che non poteva essere più appropriato per riflettere l’essenza dello spirito imprenditoriale del personaggio. Un signore che realizzava ciclomotori all’avanguardia sia per lo stile, decisamente particolare, sia per le scelte tecniche applicate nella produzione di serie. Le moto Testi si distinguevano rispetto alla concorrenza italiana e anche all’estero.
Astro nascente. Nel 1934 le Officine Meccaniche Umberto Testi costruiscono biciclette apprezzate dalla Bologna “bene” e dai corridori dilettanti e professionisti. Tanto che nel 1946, in onore di Umberto Testi, gli organizzatori del Giro d’Italia predispongono la punzonatura delle bici partecipanti proprio davanti all’officina Testi in via Augusto Righi n. 13. Poi, nell’anno in cui Umberto Benfenati vince a Parigi il Campionato Mondiale di ciclismo per dilettanti, il 1947, Umberto Testi decide di motorizzare i propri telai dapprima con motori a rulli e in seguito con il celebre Mosquito prodotto dalla Garelli.
Produzioni su licenza. Il primo vero telaio Testi per ciclomotore vede la luce nel 1950, sempre motorizzato Mosquito. Più o meno nello stesso periodo Umberto Testi stringe un accordo commerciale con l’austriaca Sachs e poco dopo inizia la produzione di motociclette con motore Sachs di 98cc e di ciclomotori dotati del famoso “Baby Sachs” di 50cc. I veicoli vengono commercializzati con marchio Moto Sachs, anche se i riferimenti per l’omologazione sono tutti a nome “Officine Meccaniche Umberto Testi”. In seguito le motociclette adottano i Sachs di 125cc, 150cc e 175 cc. Altro accordo sarà poi con i F.lli Daldi, produttori dei motori di 49 cc. a marchio Demm, per il quale nel 1952 viene costituita la Testi Motor con sede a Milano, al civico 24 di viale Tunisia, che si occupa della distribuzione dei ciclomotori della serie Dick-Dick. Il sodalizio prevede la produzione fino al 1956, anno in cui viene dichiarato il fallimento delle Officine Meccaniche Umberto Testi, dovuto probabilmente a problemi finanziari scaturiti da problemi commerciali con la Demm. Tuttavia, per merito forse di un curatore fallimentare oculato, la produzione dei telai prosegue con la realizzazione di ciclomotori anche per altri marchi dell’epoca (tra i quali Velo Mosquito e Baindex). Sono di questo periodo (1957) la creazione del Dick-Dick Sport e del Demmino; il primo sarà venduto anche con marchio Ticino, sempre con motore Demm.
Passaggio del testimone. Nel 1959, con la nascita della Velomotor Testi di Erio Testi a San Lazzaro di Savena, il vecchio Umberto esce di fatto dalla scena e il giovane figlio si ritrova imprenditore a 26 anni. La nuova attività prevede ancora la produzione dei telai per la Demm ma nuovi marchi richiedono i collaudati telai prodotti dalla Velomotor Testi, in seguito chiamata solo Testi, e inizia subito anche la collaborazione con la Minarelli, dove Erio ha lavorato negli anni precedenti. È del 1959 la produzione del primo Testi Gran Prix, in un primo momento prodotto con il nome di “Unificato” e molto probabilmente derivato dagli studi per un modello Demm. Tre anni dopo viene presentato anche il veicolo che darà impulso alla produzione dell’azienda, il Weekend Cross, sempre basato sul telaio del Gran Prix. È equipaggiato con diversi accessori, tra i quali non manca la radio a transistors, posizionata sul manubrio e collegabile all’antenna montata di serie sul fanale. Una “macchina” che esce dagli schemi e che sarà copiata nello stile. Con un nuovo disegno sul serbatoio, cambierà ben presto il nome in “Grand Prix”, che l’accompagnerà fino all’inizio degli anni Ottanta.
Motocross über alles. La Testi aveva anche in produzione anche dei ciclomotori “da donna”, come si usa dire nella Romagna dei “mutor”, con il capostipite che era il Testi Testina. Un ciclomotore per uso quotidiano che ha costituito la base di partenza per quello che si è rivelato nel tempo una delle più longeve realizzazioni della Testi, ovvero il Testi Trail (non Trial). Questa realizzazione era destinata per un utilizzo “sportivo” cioè per coloro che avevano bisogno di un mezzo per muoversi su terreni impraticabili dai normali ciclomotori e destinato per l’appunto a pescatori e cacciatori, come indicato nelle pubblicità dell’epoca. Dotato di doppia corona, permetteva di adeguare il rapporto finale del motore alle esigenze di utilizzo. La novità che fece il successo di questo mezzo è il TDB (Testi o Trail Drive Box), un sistema meccanico che permetteva di inserire la corona sulla ruota posteriore, nella misura preferita: corona piccola per trasferimenti su strada, o grande per superare pendenze fino al 45%. In pratica, consisteva in una serie di tre pignoni posti tra il pignone del motore e le due corone posteriori e permetteva, tramite un perno, la scelta della trazione con una delle due corone montate sulla ruota. Un meccanismo che era ovviamente coperto da brevetto della Testi. E non era l’unica eccellenza del modello, dato che tra gli accessori vi erano pure gli sci, che permettevano di muoversi agevolmente anche su fondi innevati.
Favolosi anni Sessanta. Il Weekend Cross seconda serie, un modello sportivo che vuole scimmiottare forse le custom americane, con un paio di modifiche si trasforma a metà degli anni Sessanta in uno sportivissimo Telstar che, con una sella meno sportiva, un altro fanale, diversi parafanghi, un’unica marmitta al posto di quella doppia e diversi effetti cromatici, altri non diventa che la nuova serie del Grand Prix. Dotato di motore Minarelli 4 marce – modello P4SS – preparato per la specialità, monta cerchi anteriore e posteriore della stessa misura, da 19”, e pneumatici da 2,50 all’anteriore e 3,00 per la ruota posteriore. Non si hanno purtroppo notizie circa i risultati ottenuti sui campi di gara, ma senza alcun dubbio il prezzo di questo mezzo, pari a circa 200.000 lire, rappresentava un impegno notevole, se pensiamo che la successiva versione stradale era venduta dal luglio del 1965 a 130.000 lire. Altra novità importante del 1965 è la presentazione sul mercato del Testi Trail King, un cinquantino studiato appositamente per il fuoristrada, giusta evoluzione del modello da cross. Fu un vero successo e anche questo modello poteva essere dotato del sistema TDB, così come degli sci (di dimensioni maggiori) per l’utilizzo sulla neve.
I modelli Testi di quel periodo, tuttavia, furono di più: prettamente stradali e giusta evoluzione dei precedenti, con nuove soluzioni stilistiche e nuove colorazioni che hanno attirato la clientela. La Testi a metà anni Sessanta distribuiva i propri ciclomotori in diversi paesi europei e anche negli USA, dove la richiesta assorbiva il 20 per cento della produzione. Nell’Europa settentrionale era in essere una collaborazione tra l’azienda e diversi produttori e la commercializzazione dei mezzi Testi avveniva con marchi diversi; ricordiamo Jupiter in Finlandia, Standard in Svezia, Superia in Belgio, VAP in Francia, Kerry Capitano in Inghilterra e Steiger in Germania.
Anche in Italia alcuni modelli si trovavano sotto altro nome, primo fra tutti Demm, ma anche Legnano, Bianchi e MI-VAL. Già dal 1965, Alberto Sangalli – in seguito un alfiere della Scuderia Norelli – utilizzava un Testi Trail King, da lui abilmente modificato, per partecipare a diverse competizioni regionali e provinciali (v. foto sopra).
Sempre più tecnologici. Tra il 1968 e il 1969, per rinnovare la produzione vengono allestiti nuovi modelli utilizzando ancora i vecchi telai. Il Trail viene offerto con nuove colorazioni, i modelli stradali vengono dotati di nuovi serbatoi e il Trail King subisce diverse conformazioni, fino alla presentazione della nuova gamma in occasione del Salone del Motociclo del 1969. Qui i modelli presentati hanno un nuovo telaio; per gli stradali tutto è rivoluzionato, come pure per i modelli da fuoristrada; avviene un salto tecnico non indifferente in quanto dal precedente doppia culla con trave centrale, si passa al doppia culla continua. Per i fuoristrada ora ci sono parafanghi in ABS, sospensioni anteriori Marzocchi, come gli ammortizzatori posteriori (regolabili su tre posizioni); gli stradali hanno invece serbatoi e linee che faranno sognare molti quattordicenni votati alla velocità. Gli altri modelli a catalogo sono il Royal Rally, i rinnovati Trail, Grand Prix, OK S, Testina P3; la fascia di prezzo andava da 82mila a 225mila lire. Nel 1972 la Testi si cimenta anche nella realizzazione di motociclette di 125 cc. e prima presenta un modello decisamente turistico, l’Easy Rider – poi corretto in Raider –, dotato del nuovo Minarelli 125 a 5 marce, e a seguire presenta nel 1973 al Salone di Parigi, l’Executive. Ancora, nel 1974, ecco un altro stradale, il Corsa 2000 125/5.
Originali e fuori dagli schemi. La marca ha partecipato ufficialmente a gare di enduro e cross con i piloti Ennio Trenti (nel cross classe 50 e poi 125) e Roberto Gaiba (nella regolarità). Nella classe 50 il modello utilizzato era sempre il Carabo appositamente preparato per le due specialità, mentre nella 125 vennero realizzati solo una serie di prototipi che ebbero un buon successo. La presenza della Testi si è limitata a gare dei campionati provinciali e interregionali, con sporadiche apparizioni nel campionato italiano per quanto riguarda la classe 125 da cross. Tornando alla produzione, è nel 1975 che arrivano le grandi novità. Come la nuova versione del “mitico” Trail, che è ormai in produzione dal 1965, seguito dal nuovo Champion Lusso e dal nuovo Carabo, che rivoluziona il mondo dei cinquantini da fuoristrada in quanto, primo tra tutta la produzione nazionale e probabilmente non solo, adotta una sospensione monocross, versione semplificata del sistema presentato dalla Yamaha solo due anni prima. Il Cross Special entrerà in produzione solo tre anni dopo. Un nuovo modello stradale affianca intanto il Champion Lusso, che resterà in produzione ancora per pochi mesi: si tratta del Champion Veloce, che adotta il telaio monocross con una particolare conformazione in cui il trave superiore funge da serbatoio per la miscela. Altra novità fuori dagli schemi messa a punto dalla Testi è poi il Testi Amico (foto qui sotto), un simil-scooter realizzato su telaio tradizionale ed equipaggiato del motore Minarelli V1 K (avviamento a kick starter) o V1 (dotato di pedali). Anche il Cricket assume una nuova veste e nel frattempo Erio Testi, sempre in fermento, riesce a progettare ancora nuovi mezzi.
Caleidoscopio di novità. Nel 1977, forte della richiesta del mercato dei cosiddetti “tuboni”, Erio Testi presenta il Testi Jeans (modello di fatto declinato dal Cricket), un mezzo all’avanguardia per dimensioni ed equipaggiamento, con un telaio “a vista” molto convenzionale ma di fatto di una resistenza senza uguali in tutto il panorama della categoria. Il 1977 è anno di preparativi in vista del Salone di Milano di novembre, che sarà ricco di novità per la Testi. Al suo stand vengono presentati i nuovi modelli con il nuovo telaio monocross per il fuoristrada e il Militar, che va a sostituire il Trail. Per quanto riguarda gli stradali, c’è il nuovo Grand Prix anch’esso dotato di telaio monocross, ripreso dal precedente telaio presentato nel 1975 che equipaggiava il Carabo e ora non più prodotto. Al termine degli anni Settanta esce anche il Testi IO, che di fatto mostra una somiglianza con il Ciao della Piaggio davvero rimarchevole. Il motore Minarelli, però, è più performante di quello prodotto dalla Piaggio e le sospensioni posteriori in accoppiamento alla forcella anteriore danno tutto un altro comfort durante la marcia.
L’inizio della fine. Nel 1984 una finanziaria americana chiede all’ingegner Minarelli chi è in grado, in Italia, di realizzare da zero una fabbrica per ciclomotori, essendo in procinto di sottoscrivere un accordo con la Cina per tale finalità. Minarelli vede in Erio Testi e la sua Velomotor Testi il partner ideale per gli americani e lo propone quindi al gruppo finananziario per l’avventura in Cina. Viene così costituita in Cina la Fosti, acronimo di Foshian – la regione cinese dove sorge la nuova fabbrica – e Testi. In Italia, la neo costituita Fosti Italiana Srl, seguirà le varie fasi della realizzazione della fabbrica. Questo accordo con gli americani porta un po’ di ossigeno alla Testi, che grazie a una commessa per gli USA, produce 7.500 ciclomotori per il mercato statunitense e nello stesso tempo consuma finanze per gli impianti e le trasferte delle maestranze impegnate in territorio cinese. Nel corso del 1985, il nuovo ciclomotore, su specifiche dei cinesi, viene realizzato e sottoposto alla loro approvazione, ma questi, non si decidono a sottoscrivere l’accordo che prevede anche la fornitura di oltre 3mila ciclomotori prodotti in Italia dalla Velomotor Testi e il mercato italiano è in continuo calo.
Nel 1986 si registra una forte tensione finanziaria alla Testi, le vendite sono crollate, gli investimenti fatti in Cina sono a totale rischio, ma Erio Testi, fiducioso della sottoscrizione dell’accordo con i cinesi, non licenzia nessuno dei suoi 120 operai, sempre sperando nella ripresa delle vendite e della produzione per la Cina. Negli ultimi mesi dell’anno si ritira nella sua tenuta in Kenya, lasciando tutto nelle mani del genero Guido Totta, che continua a sperare nell’accordo cinese. Qualche mese dopo, la doccia fredda: non c’è più speranza che i cinesi firmino e di fatto si appropriano delle strutture portate in Cina per la realizzazione della fabbrica, gli americani iniziano una causa e tutto sembra perduto. La produzione è ormai inesistente, si parla di 2mila pezzi, ma bisogna preparare i nuovi modelli per il 50esimo Salone del Motociclo che si terrà a Milano, come sempre a novembre. Perciò nuove versioni dei “tuboni” vengono approntate, nuove colorazioni vengono create per il Militar e una nuova versione chiamata Scout, dotata del Minarelli con raffreddamento a liquido, vede la luce. Intanto la Testi, che non ha mai smesso di produrre biciclette, tra cui la prima MTB prodotta in Italia, lancia nuovi modelli anche in questo settore. Niente di tutto questo sembra però rivelarsi utile per risollevare le sorti dell’azienda: nell’aprile del 1988 la Velomotor Testi presenta domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo. I fornitori e le banche, che con la testi hanno sempre lavorato, votano contrari alla procedura richiesta decretando la dichiarazione di fallimento, depositata il 14 luglio 1988.
Le moto Testi ai nostri giorni. In ricordo di questa significativa realtà italiana e con l’obiettivo di salvaguardare quel che rimane della sua produzione, esiste il Registro Storico Testi (www.registrostoricotesti.it) in cui oltre 200 iscritti parlano e si confrontano per il restauro dei propri mezzi e dove ognuno può trovare una risposta per il proprio Testi. Il Registro ha come presidente onorario Cristina Testi, una delle figlie di Erio, scomparso nel 2008. Ancora oggi, con la Testi Factory di Bologna, Cristina si dedica alla costruzione di ciclomotori da fuoristrada per chi ha meno di 14 anni. E per chi volesse approfondire, sulla storia della Testi è stato scritto un libro con l’intera produzione riportata nei particolari. Il volume, attualmente alla seconda edizione, è reperibile nelle librerie del settore oppure scrivendo a: registrostoricotesti@gmail.com
A cura di Nicola Salina
Fondatore e presidente esecutivo del Registro Storico Testi