Guida all’acquisto della ASA 1000 GT, un gioiellino per veri intenditori
Perché acquistare una ASA? Dati i pochissimi modelli costruiti da questo marchio, la prima risposta è senza dubbio la loro rarità
La ASA più “comune” è la 1000 GT, la cosiddetta Ferrarina. Fu prodotta in meno di cento esemplari. Il numero esatto non si conosce perché quando la fabbrica di Lambrate chiuse per fallimento, tutti gli archivi, compresi i dati relativi alla produzione, andarono perduti. Fu prodotta anche la versione spider in circa venti esemplari e la versione 411 – una 1000 GT con cilindrata portata a 1100 e con piccole modifiche nella carrozzeria – di cui si conoscono solo 5-6 vetture. Ancora, la RB 613, prodotta soltanto in tre unità, e la GTC con un solo esemplare.
Nobili origini. Alla fine degli anni Cinquanta, Enzo Ferrari presentò nella consueta conferenza di fine anno, in modo un po’ provocatorio, un motore di piccola cilindrata progettato da Franco Rocchi e Carlo Chiti; il motore era di 850cc a quattro cilindri e per questo venne chiamato 854. Il suo disegno e le caratteristiche ricordano i 250 delle GT Ferrari dell’epoca. Tale propulsore venne montato su una Fiat 1200 Pinin Farina opportunamente modificata per effettuare i test su strada. In seguito, portato a 1032cc (codice del progetto Ferrari: 173), il motore venne installato su di un telaio tubolare progettato dall’ingegnere Giotto Bizzarrini con una carrozzeria realizzata da Bertone. Un giovanissimo Giorgetto Giugiaro aveva infatti disegnato per Bertone un filante e aerodinamico Coupé a due posti. Le altre caratteristiche erano tipiche di una GT e cioè motore anteriore e trazione posteriore, due carburatori Weber DCOE 40, freni a disco anteriori e posteriori, cambio 4 marce più overdrive su terza e quarta, cofani in alluminio. Dopo aver presentato questa vettura al Salone di Torino nel 1961, Enzo Ferrari decise di vendere il progetto al suo amico Oronzo De Nora, imprenditore nel campo chimico e inventore dell’Amuchina.
Esclusiva e di grande valore. Per l’unione dei due precedenti fattori – la genesi prestigiosa e la rarità – ammesso che se ne trovino ancora, le ASA sono un possibile buon investimento, in quanto, anche nel caso le si acquisti in questo periodo, tenendo conto degli importi di altre auto della stessa tipologia, possiamo tranquillamente pensare che la quotazione può essere solo in ascesa. La particolarità di essere un progetto Ferrari, almeno per la 1000 GT, fa sì che desti l’interesse del collezionista che apprezza le sue caratteristiche tecniche d’avanguardia, nonché la prestigiosa sfilza di nomi che hanno contribuito alla sua nascita. Dovrebbe in realtà esistere una netta distinzione tra la 1000 GT e le altre ASA ma possiamo dire che, a parte la RB 613 e la GTC, utilizzate anche in gare come Le Mans e la Targa Florio negli anni 1965-1966, vista l’esigua produzione di tali modelli una marcata differenziazione fra loro non esiste.
Che cosa controllare prima di comprare. Come si sa, per tutte le auto d’epoca c’è un principale nemico. La ruggine. Nelle ASA riguarda principalmente la parte inferiore dell’auto che va dai passaruota anteriori al sottoporta. Causa principale sono le feritoie dello sfogo dell’aria calda poste nella parte alta dei parafanghi anteriori. Ovviamente anche la parte inferiore degli sportelli deve essere ben controllata (v. foto). Bisogna accertare che ci siano tutti quegli elementi in cui è presente il fregio ASA anche se, ultimamente, alcuni di questi sono stati riprodotti. I numeri di telaio sono sempre pari e, a parte i due prototipi 996 e 998, partono da 1000, un piccolo vezzo del progettista – Ferrari in questo caso. Per la parte meccanica i ricambi sono di difficilissimo reperimento per cui, nel caso di restauro totale, si può incappare in grosse difficoltà, mentre la parte elettrica presenta minori difficoltà in quanto fu usata componentistica analoga a quella delle vetture Alfa Romeo e Lancia. Infine, un ultimo consiglio per un’ottima fonte di dettagli e approfondimenti: il libro ASA L’epopea della “Ferrarina” di Franco Varisco (Nada editore).
Articolo a cura del Registro internazionale ASA, Asa Register
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