London to Brighton 2022, avventura eroica per l’unico equipaggio italiano
Fabrizio Rossi, alla prima esperienza della celebre Veteran Car Run, ha partecipato insieme al suo meccanico Roberto Gastaldi. Con il quale ha tagliato il traguardo a bordo di una Clément Panhard del 1901
La condotta encomiabile e la performance da standing ovation che ha consentito a questa temeraria Clément Panhard del 1901 di arrivare vittoriosa alla meta non l’hanno salvata da un’esperienza alquanto provante come quella di percorrere i 97 km della celebre galoppata dal centro di Londra fino al mare sempre sotto la pioggia battente. Era alla sua prima London to Brighton Veteran Car Run, il 7 novembre, e di certo, con tutta l’acqua che le si è riversata addosso, non ha avuto un battesimo facile. Lo stesso, anzi ancor di più, dicasi per il suo equipaggio. Almeno finché non ha toccato la finish-line sul lungomare della città nel sud dell’Inghilterra: “Siamo orgogliosi di essere arrivati in fondo ma è stata un’esperienza molto forte tra acqua, freddo e vento. Bisognava fare attenzione a dove si mettevano le ruote, perché era pieno di allagamenti”, racconta Fabrizio Rossi, proprietario dal 2015 della vetturetta con motore monocilindrico Panhard da 75cc con tre marce più retro (4,5 CV).
Oltre sei ore senza capote sotto il diluvio. Una piccola francese che, con i suoi 4,5 CV, rispetto a tante compagne di strada bicilindriche, ha avuto un’andatura deboluccia, sui 20 all’ora di media. Però, con una partenza alle 7,12 e arrivo alle 13,30, significa che sia lei sia il suo team – unico italiano su 350 – sono stati super bravi perché non solo sono riusciti a completare la Run – un’avventura che non si può dare per scontata – ma lo hanno anche fatto in un tempo davvero breve: 6,5 ore, alle quali ne va sottratta una per la sosta effettuata a metà strada, a Crawley, con i generi di conforto dei Magazzini Harrods. Un ristoro che è stato utile anche alla vetturetta fra pieno di benzina, controllo olio e altre necessità del caso. Oltre a una doverosa asciugata, durata poi ben poco. “All’arrivo a Madeira Drive eravamo tutti e tre stravolti”, sorride Fabrizio Rossi, presidente del Registro Internazionale OM. Ci sarebbe voluta una seconda medaglia, oltre a quella che viene riconosciuta a tutti gli intrepidi che riescono a raggiungere il traguardo entro le 16,30, il limite massimo concesso dal regolamento.
Felici (e bagnati) alla meta. E il chilli con il vin brulé dell’organizzazione per riscaldare i partecipanti una volta a Brighton? “Non li abbiamo neanche visti, siamo subito corsi via a fare una doccia! Non avevo sensibilità alle dita delle mani, e anche piedi e mandibola erano congelati”, ricorda. Gli stessi organizzatori della Run, a quanto pare, hanno riconosciuto che questa 126esima edizione dell’evento è stata particolarmente sfidante. Era da 5-6 anni consecutivi che non si vedeva una goccia d’acqua e ora la buriana pare si sia voluta scatenare tutta in una volta, pure con gli interessi. “Ma dei patimenti in realtà ci siamo dimenticati subito, perché arrivare a concludere la London to Brighton ci ha dato una grande felicità, è stata una soddisfazione immensa!”. E, ribadito da un signore che ha fatto sette volte la Mille Miglia e che da anni partecipa a competizioni motoristiche di diversi tipologie, c’è da crederci.
Il classico inghippo delle candele. E pensare che erano le “famose” colline poco prima dell’ingresso a Brighton, a preoccuparlo. “La prima l’abbiamo superata senza esitazioni”, prosegue il collezionista, che possiede anche vetture decisamente più veloci quali una OM con motore a 6 cilindri con compressore e un’Alfa Romeo 1750 Sport Zagato. “Mentre per la seconda salita sono sceso dall’auto quando mancavano 100 mt all’apice e poco dopo è sceso anche il driver, nonostante siamo magri tutti e due! L’unico lieve intoppo che abbiamo riscontrato è stato dovuto alla miscela aria-benzina tendente al grasso, per cui abbiamo dovuto cambiare tre candele durante il tragitto. In questo non siamo riusciti di fatto a trovare un equilibrio; se la miscela è troppo magra la candela non ne risente ma andiamo troppo piano e, al contrario, se è troppo grassa, la vetturetta va meglio ma tende a sporcarsi la candela. I carburatori di inizio Novecento non consento una regolazione come quelli più moderni, perciò bisogna provare a trovare l’ugello con dimensioni di compromesso: ne abbiamo fatti dieci, eppure ancora oggi quello che abbiamo montato tende a creare una miscela grassa. E così la candela si sporca ogni 30 km”.
Incetta di applausi. Piuttosto, un rischio vero l’abbiamo corso pochissimi giorni prima della data, dato che “all’ultimo minuto non sapevamo se partire perché abbiamo avuto un grosso problema con l’assale posteriore della Clément-Panhard”, rivela il suo proprietario. “Il meccanico ha dovuto fare una maratona di lavoro giorno e notte per poter rendere possibile la partecipazione alla Run. Il problema è che per questi mezzi non ci sono mai abbastanza occasioni per fare giri di prova”. Poi, però, la vetturetta una volta fra i sudditi di Sua Maestà ha saputo ripagare le fatiche causate ricavandosi una buona quantità di audience e di estimatori: vista la sua anzianità è partita infatti dallo start in Hyde Park con il numero 59, quindi tra le prime, ed è anche stata inclusa nel concorso d’eleganza (foto in basso) che si svolge ogni anno il sabato prima della manifestazione. Stavolta lo scenario è stato diverso: non più Regent Street, che inizia in Piccadilly Circus, ma di fronte al St. James Palace, a un passo da Pall Mall. L’aspetto esclusivo, invece, è rimasto: vi accedono su invito solo un centinaio di vetture fra le iscritte alla Run da ogni parte del mondo. E scusate se è poco.
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