Nata da una visione di Salvatore Ruffino, questa Triumph Italia è un sogno che continua a rinnovarsi
Presentata al Salone di Torino del 1959, la Triumph Italia 2000 era un Coupé di fascia alta, di design e carrozzeria italiani abbinati “alla tecnica sportiva inglese”, come recitava una pubblicità dell’epoca. Nelle linee è riconoscibile la mano di Giovanni Michelotti, uno dei maggiori stilisti italiani di tutti i tempi, che sapeva conferire grande personalità a ogni minimo dettaglio. La vettura, con motore a 4 cilindri in linea (101 CV) era prodotta dall’allora importatore Triumph nel Belpaese Salvatore Ruffino su telaio Triumph TR3. Il modello Italia 2000 venne esportato in Europa e negli USA ma in quantità minime, perché in totale ne furono costruite poco più di 300, fino al 1962. Mancò il supporto commerciale dalla Casa britannica, per questo la coraggiosa iniziativa dell’imprenditore siciliano naufragò velocemente
“Mi chiamo Ophelie, sono nata alla fine del 1959 in Inghilterra e pochi giorni dopo sono migrata in Italia, a Torino. Mi piace pensare che il mio giorno di nascita sia il 3 dicembre, lo stesso del mio proprietario attuale. Mi è stato dato un bellissimo vestito Coupé da Vignale, su disegno di Giovanni Michelotti: sono la Triumph Italia 2000 numero 30. Rappresento un desiderio andato avanti per tanti anni, nato nella mente e negli occhi di un bambino che, come tutti i maschietti degli anni Cinquanta, sognava automobili. Di tutti i tipi, di tutti i modelli e tutti i colori”. Al termine di quel decennio a Milano di vetture in giro non ce ne erano tantissime: si imparava a distinguerle da lontano, a riconoscerle dal rumore e a sognarle tutte. Poi, appena più grandicelli, divoravamo Quattroruote ogni mese come un dono prezioso.
Dagli anni Cinquanta sempre nel cuore. Continuavamo a fantasticare sulle auto che prima o poi avremmo posseduto. Le elencavamo anche in liste che poi venivano alterate, rielaborate e stravolte a seconda dei nuovi modelli e delle opinioni di amici e compagni. Naturalmente c’era sempre il “piccolo neo” dei prezzi, ma sognare costava ben poco. Per il suo aspetto di quasi-Maserati, per la sua linea, per l’essere una “speciale”, nella lista dei desideri resisteva sempre la Triumph Italia. Ma l’elenco è rimasto ad ingiallire in un cassetto, perché la vita ha imposto percorsi e mete diverse, fagocitando questo e molti altri sogni. L’amore per le auto di quegli anni, però, non si è mai spento. E con lui il ricordo della Triumph Italia 2000.
Il primo incontro. “Passano gli anni, molti. Il mio “salvatore” è a Madrid per lavoro. Viene a sapere che avevo una livrea particolare, che il mio primo proprietario era proprio nella capitale e faceva parte dell’entourage del Generale Franco (per forza, sennò come sarei potuta entrare in Spagna?). Ero sempre rimasta nella stessa famiglia, anche se molto trascurata. Si procura più informazioni, qualche foto, gli arriva un’offerta d’acquisto ma niente da fare. Resta il suo desiderio forte di conoscermi e di salvarmi dall’oblio. E intanto passano altri anni.
La conquista. Cambio di scena: 2013, Birmingham, NEC Exhibition (importante fiera di automobilismo storico, ndr). Il mio proprietario espone una mia attuale compagna di scuderia: è “Celestine”, una Alvis prototipo Graber. Io sono nel recinto di Silverstone Auctions, messa in vendita come una schiavetta. Passa lui, mi vede, si riaccendono tutti i circuiti, tutte le passioni, tutto l’entusiasmo del ragazzino che continuava a inserirmi nella lista dei desideri segreti. Anche se sono davvero malconcia: l’interno non è più originale, il colore nemmeno (porto addosso tre strati diversi), mancano pezzi e pezzettini. Ho diverse ammaccature. Insomma, sono una ex ragazza bella, ora sfiorita. Altro che botulino… Lui cerca di negoziare pre-asta. Niente. Vado all’incanto e nessuno mi vuole. Finita la vendita, lui fa un accordo diretto e divento sua. Ma sarò salva?”.
Inizia la cura ricostituente. “L’acquirente decide di farmi restaurare in Inghilterra. Si occupano del motore e del cambio da S&M Triumph Restoration, mettendo a punto un ottimo lavoro. Per telaio e carrozzeria, invece, il ripristino presso un’altra officina non procede bene, c’è troppa voglia di fare risparmi inutili e dannosi. Il mio proprietario perde fiducia. Così, come in un bel Western, arriva la cavalleria: cioè carrello, imbarco di scocca, telaio e scatoloni di componenti, e via con un viaggio anche piacevole attraverso la Francia. Approdo in Brianza. Ed ecco che comincia per me una cura di bellezza intensiva con un serio restauro. I componenti che non ci sono più vengono cercati tra mercatini e siti Internet. Alcuni ricostruiti al campione, fusi ex novo o torniti. Nel frattempo, il mio custode va in Inghilterra con il restauratore a documentarsi sull’Italia 2000 di Paul Harvey. Torna con centinaia di foto. Forse ce la farò.
Grazie, Salvatore! Luglio 2015: ho riacquisito il mio colore originale e il mio interno in pelle verde menta chiaro. Sono tornata la ragazza glamour che faceva girare la testa. Devo molto al mio titolare e, diciamolo, prima di tutto devo essere grata a Salvatore Ruffino, l’imprenditore siciliano che ha avuto l’ardire di concepirmi e di darmi vita a dispetto di molti. Sono stata un bel sogno anche per lui: con risvolti amari e senza lieto fine, ma questa è un’altra storia. Terminato il restauro, arriva la mia prima uscita al raduno delle Triumph Italia, nelle Langhe. Porto ancora la targa inglese “602 UYH” che ha fatto da “ponte” tra Spagna e immatricolazione finale in Svizzera. Ricevo molte lodi per la mia rimessa in sesto e suscito molta curiosità. Le colleghe tedesche osservano ma non commentano. Sarà invidia?
Non solo per i tuoi occhi. Seguono molte messe a punto, tanti dettagli che vengono corretti. Passo ore in officina, curata e coccolata con amore. Per questo voglio inviare i miei ringraziamenti a Ruggero, Claudio, Roberto, Christian e Salvatore che mi hanno tolto, nel tempo, tutti i difettucci della prima (nuova) infanzia. Il mio possessore mi ha poi messa subito a dieta tra gare, garette e concorsi. Nel 2017, al Concorso del Valentino a Torino, ho ricevuto il Premio Asi-Automotoclub Storico Italiano. È stato il coronamento di tante fatiche del mio “lui”, che mi ha tenuta in ottima forma di meccanica e di carrozzeria. E, in effetti, eccolo che sfoggia un sorriso a fetta d’anguria per tutto il giorno. È così tanto in brodo di giuggiole che a momenti si sfiora la tragedia durante il ritorno a casa. Distratto, a Novara fa il pieno di diesel: per fortuna se ne accorge subito. Scoppietto e borbotto un po’ ma il pericolo è scongiurato.
Condizioni da concorso. Arriva l’autunno, che per me è foriero di un’altra bella soddisfazione: non vinco ma mi trovo nella “short list” per il Best in Show al prestigioso concorso d’eleganza del Classic Club Italia a Stresa. È una strepitosa Lancia Cabriolet anni Trenta di Guido Lamperti ad aggiudicarsi la vittoria; peccato, ma va bene così. Nel 2019, al Concorso di Bardolino, il mio driver la sera prima sbaglia strada, mi fa percorrere viottoli sterrati su e giù per i monti veronesi. Piccola vendetta: gli faccio passare una notte molto breve per togliermi di dosso quintali di polvere. E alla fine riesco a portare a casa un premio.
Un’Italia è per sempre. In Agosto, altra avventura per il Concorso ZCCA a Zurigo con due cuginette, un’Alpine 110 e una Austin Healey BN LeMans, che ci guardano dall’alto in basso. Ma io, Ophelie, sfodero la mia grinta e il mio charme: risultato, mi classifico prima nella classe “Vetture Chiuse fino al 1960”. Fatto il pieno di applausi e di complimenti, rientro a casa senza troppi problemi, anche se per il caldo si cuoce un manicotto del radiatore. Eh sì, sfiato acqua e arrostisco l’equipaggio. Modestamente. E adesso che sono di nuovo in forma e pimpante (ma il manicotto?), che cosa ci sarà in serbo per me? Sono stata salvata, rimessa a nuovo, amata e forse persino viziata. Che cosa volere di più? Per donne e automobili, questo è il premio per essere belle.
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Questo testo è stato pubblicato anche nel blog Triumph in Italy