Ancora originale, questa De Dion Bouton era di un fondatore della Fiat

Laura Ferriccioli

Piena di fascino e incredibilmente autentica, la Model G telaio 395 è protagonista nei concorsi d’eleganza internazionali ed era tra le auto del conte Emanuele Cacherano di Bricherasio

La De Dion Bouton Model G del 1901 telaio numero 395 non rappresenta soltanto uno straordinario frammento della storia dell’automobile e una testimonianza rarissima della tecnologia di inizio Novecento ma ha avuto anche un primo proprietario che è stato una figura di assoluto rilievo nell’era pionieristica. L’ancienne viene infatti attribuita da fonte certa al giovane piemontese che ha per primo promosso la creazione della Fiat. Stiamo parlando del conte Emanuele Cacherano di Bricherasio, un ex fante di cavalleria facoltoso e dal cuore caritatevole, con una forte passione per i motori. Non a caso è nel suo palazzo al civico 20 di via Lagrange che il 1 luglio 1899 è stato firmato l’atto per la costituzione della “Società anonima Fabbrica italiana automobili Torino”, in seguito “Fabbrica Italiana Automobili Torino” (Fiat). Un momento solenne che, per volontà del conte, è stato successivamente immortalato nel celebre dipinto di Lorenzo Delleani visibile oggi nel museo Fiat Centro Storico.

 

Entusiasmo per la motorizzazione. La storia è andata così: un anno prima Emanuele Cacherano di Bricherasio aveva fondato una partnership con uno dei fratelli Ceirano per la produzione di una Vetturetta da 3 CV con motore raffreddato ad acqua. Il veicolo, che si chiamava Welleyes, era molto richiesto ma per iniziarne una produzione più seria servivano maggiori risorse finanziarie. Ed ecco che il giovane imprenditore dal sangue blu ha proposto il business a importanti nomi dell’industria locale riuscendo a coinvolgerne otto: così sono state poste le fondamente dell’azienda, che è andata avanti per più di un secolo. Peccato che il nobile visionario sia poi scomparso soltanto cinque anni dopo, nel 1904, lasciando prematuramente la creazione che tanto aveva desiderato e che nel 1903 era già quotata in borsa.

Una morte avvolta nel mistero. Qual è stata la causa della sua morte a soli 35 anni? Il cadavere è stato trovato all’esterno nel Castello di Agliè, che era una proprietà della famiglia reale e perciò nessuna indagine è stata mai fatta. Una delle ipotesi avanzate negli anni parla di suicidio ma sembra difficile credere che una persona così dinamica e motivata possa compiere un atto del genere: Emanuele di Bricherasio ha anche fondato l’Automobile Club di Torino, dal quale è stato istituito l’Automobile Club d’Italia, e ha promosso la nascita di alcune corse automobilistiche della primissima ora. Di fatto le ipotesi sulla causa del suo decesso sono più di una.

 

L’asta per la misurazione della benzina nel serbatoio

In arrivo da più di un secolo fa. Il sepolcro di Emanuele è stato costruito nella cappella del Palazzo di Bricherasio a Fubine (Alessandria), dove si pensa che la De Dion Bouton sia rimasta per 57 anni. Dopo la scomparsa di Emanuele tutte le sue proprietà sono state infatti ereditate dalla sorella Sofia, che dopo la morte della madre si è trasferita nel loro Castello di Miradolo senza più fare ritorno a Fubine. Pittrice e benefattrice impegnata in molte attività di beneficenza, prima di morire (nel 1950) Sofia ha poi donato i suoi averi alle suore di Don Orione. Passati altri undici anni, la Voiturette con motore posteriore è stata venduta a un collezionista e scrittore torinese di auto storiche (qui in basso, una foto della vetturetta al momento del ritrovamento, nel 1961).

La copertina di la Manovella con la De Dion Bouton Type G

Una star nei raduni degli anni Sessanta. Da appassionato ed esperto qual era, il nuovo custode non ha apportato nessuna variazione significativa alla vetturetta, di cui ha completamente revisionato il motore e sostituito le parti laterali della capote. Ha riconosciuto, in sostanza, l’importanza di mantenerla originale il più possibile. Non pare che l’abbia neanche usata granché, pure se di certo ha partecipato con la vis-à-vis in alcune importanti manifestazioni degli anni Sessanta come la Quattro giornate di Verona del 1963 (posizionandosi tra l’altro settimo su 40 concorrenti). In quell’occasione la De Dion Bouton è apparsa in copertina su La Manovella, il magazine ufficiale del Veteran Car Club Italiano, in seguito chiamato Asi-Automotoclub Storico Italiano (v. foto qui sopra). Il proprietario era tra l’altro nel consiglio direttivo dell’associazione.

Vincente alla London to Brighton VCR. Si può affermare senza esagerazione che la Type G abbia iniziato a sgranchirsi le gambe dal 2013 con l’attuale custode, dopo essere rimasta a sonnecchiare ancora qualche anno nel garage del figlio del suo salvatore. Per prima cosa l’esemplare ha preso parte ad alcuni eventi in Italia, poi ha completato nel 2015 la celebre London to Brighton Veteran Car Run in Inghilterra, dove ha vinto anche il Best in Show al concorso d’eleganza di Regent Street a Londra (Wellingham Cup, a pari merito con una Renault Type C proveniente dall’Italia).

De Dion Bouton, un nome sinomino di qualità. Un’esperienza vittoriosa, quella della Run, che la vetturetta ha ripetuto anche nel 2017, sempre con il suo driver attuale. In quella occasione il team è riuscito a tagliare il traguardo di Madeira Drive alle 14, sul lungomare di Brighton, realizzando un tempo di percorrenza davvero notevole per un mezzo così antico. Quello della vetturetta è stato anche il primo team ad arrivare dei sette partecipanti italiani. Ovviamente non è andata del tutto senza problemi, perché la de Dion Bouton tendeva a ingolfarsi, e ogni colpo di acceleratore lungo il tragitto doveva essere dato con cautela. Ma in sostanza si può dire che l’ottima performance ha confermato ancora una volta la grande affidabilità per cui la marca era conosciuta all’inizio del secolo scorso.

Successo strepitoso. Nell’autunno del 1900, quando è uscita la Model G con motore monocilindrico (4,5 HP), l’area dell’azienda De Dion Bouton a Puteaux (Parigi), è stata ampliata fino a 38mila mq, lo spazio necessario per contenere l’aumento di produzione. Era una conseguenza del grande successo ottenuto dalla marca attraverso i suoi tricicli, i quad, i bus a vapore, i motori e le vetturette. Come riportato da Anthony Bird nel suo De Dion Bouton First automobile giant, tra l’inizio della produzione massiccia nel tardo 1899 e la primavera del 1901, 1.500 veicoli De Dion Bouton sono stati venduti e anche esportati.

Acquistata in una concessionaria esclusiva in Francia. Preceduta dalla Type D, ovvero la prima Type De Dion Bouton venduta sul mercato, la Type G è una four-seater con il serbatoio dell’acqua del radiatore allocato sotto il sedile frontale. L’esemplare è stato acquistato nella concessionaria Salamo della marca a Chambery, poco dopo il confine italiano e la strada del Moncenisio, che dagli anni Dieci è stata impiegata dalla Fiat per i collaudi. La targa, realizzata del Touring Club Italiano, è stata sostituita tra il 1905 e il 1927, quando le province in Italia erano indicate con numeri rossi seguiti da altri in nero: perciò, visto che la città di Torino corrispondeva al 63, questa vetturetta è stata il 72esimo veicolo immatricolato nell’area della città sabauda.

La vetturetta ha due marce, senza frizione

Avanti, marsch! La vis-à-vis è dotata di pompa dell’acqua; il motore è verticale con due rapporti. L’unico componente che l’attuale titolare ha sostituito è la bobina dell’accensione, un cambio inevitabile dato che l’originale era inservibile. La piccola manovella sotto il sedile del driver serve a invertire la direzione di marcia, mentre la manopola al centro, sotto i due sedili posteriori, inserisce la modalità (con “M” che sta per “Marcher”, cioè “Marcia”, e “A” per “Arret”, “Stop”). Il cordino di pelle alla destra del conducente aziona il freno per le soste in pendenza, mentre l’altro freno della vetturetta, che agisce sull’albero di trasmissione, si attiva da un pedale vicino al manubrio.

Una sorpresa dietro l’altra. E come non menzionare, poi, i sistemi anti foratura installati sotto i quattro parafanghi? Le catenelle che passano in continuazione sulle ruote sono in grado di asportare istantaneamente chiodi, viti e altri oggetti appuntiti che possono infilarsi negli pneumatici. Un meccanismo davvero ingegnoso. Altra sorpresa della Model G, il numero “1112” riprodotto in molte superfici interne: è quello che oggi chiameremmo “numero di fabbricazione”, ovvero un codice che contraddistingue le parti del veicolo per l’assemblaggio. In questo caso anche la carrozzeria era realizzata in casa dall’azienda.

C’è ancora qualcosa da scoprire. In definitiva, questa De Dion Bouton miracolosamente giunta fino a noi quasi intatta, è molto più di una vetturetta: è un mondo. C’è così tanto in lei da capire ed esplorare che ogni qualvolta il proprietario la espone in manifestazioni, o partecipa a qualche raduno, i fan della marca accorrono per studiarne i dettagli. Anche la selleria è totalmente originale; in più la vis-à-vis è equipaggiata con un telo di iuta che serve a riparare il driver e il passeggero dal maltempo. Questa anziana dama tuttavia conserva ancora un paio di segreti per noi mortali: non sono particolari cruciali ma potrebbero scatenare la curiosità di chi ama questa era motoristica. A cosa servono i due ganci montati all’ingiù alle spalle dei sedili frontali? E che cos’è il moschettone nello schienale del sedile accanto al driver?

Questo articolo è stato pubblicato su The Gazette of the Veteran Car Club of Great Britain e sul mensile La Manovella

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