Quando è nato il marchio Carrozzeria Touring Superleggera?
In concomitanza con l’apertura dello stabilimento avveniristico della Carrozzeria Touring Superleggera a Nova Milanese, alla fine degli anni Cinquanta, ha preso forma anche l’ultima versione del celebre stemma alato
Risplende da sempre su molte delle auto più belle e più prestigiose mai costruite. Perfette armonie di linee e di forme che hanno sedotto le élite di tutto il mondo a partire dagli anni Trenta. Superleggera, la tecnica innovativa che ha ottimizzato il rapporto tra peso e dinamicità grazie a un’invenzione della Carrozzeria Touring di Milano, risale infatti al 1936. A quel tempo l’atelier era gestito da Felice Bianchi Anderloni, l’avvocato che l’aveva fondato dieci anni prima insieme al collega Gaetano Ponzoni. Al grido di “Il peso è il nemico, la resistenza dell’aria l’ostacolo”, il motto dell’azienda, Felice Bianchi Anderloni – che era un grande appassionato di automobili e aveva il pallino della meccanica – ha ideato e brevettato il sistema Superleggera per rimpiazzare il concetto di carrozzeria alleggerita Weymann, fino ad allora adottato dalla Touring con pannelli in pegamoide fissati alle scocche.
Maggiore capacità produttiva. La rigidità della struttura e della pegamoide stessa causava infatti serie rotture delle carrozzerie e per questo il legno delle scocche è stato sostituito, in una vera rivoluzione per l’epoca, con tralicci di sottili tubi d’acciaio al cromo molibdeno ricoperti con pannelli in alluminio electron. La scocca era così un tutt’uno con il telaio, con la pelle poco più che appoggiata. Tutte le auto Touring da lì in poi sono state costruite con questo sistema, con il lettering Superleggera traforato, in carattere alto e basso, apposto sulla carrozzeria. E per lungo tempo il marchio del brevetto ha avuto vita autonoma: “Touring Milano” e “Superleggera” sono stati accorpati parecchio più avanti, attorno al 1960. Intanto, alla fine degli anni Quaranta, erano state aggiunte allo stemma originario della carrozzeria le due ali laterali, concesse dall’Aeronautica militare dopo che la ditta aveva costruito parti di aerei durante la guerra. L’integrazione del marchio “Superleggera” ha determinato poi l’ultima versione del logo Touring in concomitanza con il passaggio dell’azienda da organizzazione artigianale a industria. È avvenuto cioè quando, in previsione di una mole di lavoro più massiccia, l’intera produzione della ditta è stata spostata dallo stabilimento di via Ludovico di Breme, a Milano, a Nova Milanese. Qui, su un terreno di 30mila mq – dei quali 21mila al coperto – è stata avviata nel 1961 quella che ai tempi era con grande probabilità la carrozzeria più vasta e all’avanguardia d’Europa. Era il primo giorno dell’anno, quando l’hanno inaugurata: un capodanno di sessant’anni fa.
1 gennaio 1961. Passato l’ingresso, i visitatori si sono trovati direttamente in uno dei fiori all’occhiello del nuovo stabilimento, il reparto verniciatura. Era bianco, piastrellato, immenso: aveva una capacità di 80 pezzi al giorno. La Carrozzeria Touring Superleggera allora aveva già creato capolavori immortali come le Alfa Romeo anteguerra da corsa, le 6C 2500, le “Disco Volante”, la 815 Avio Costruzioni, la Ferrari 166 Sport MM, solo per citarne alcuni. Oltre a creazioni uniche per regine, imperatori e personaggi del jet set internazionale. Con le sue linee sobrie e la sua purezza formale, Touring era già ampiamente conclamato come uno dei nomi che più hanno marcato la storia mondiale del design di automobili. Tra il 1953 e il 1958, nello stabilimento milanese aveva realizzato una media di 288 carrozzerie all’anno, cresciuta fino a 1.215 nel 1959 e, ancora, fino a 2.862 manufatti l’anno seguente (dati: Giovanni Bianchi Anderloni, Carrozzeria Touring Superleggera, ed. Fucina).
Spazi enormi, forza lavoro in quantità, efficienza al massimo. L’organizzazione del lavoro nel nuovo complesso produttivo era del tutto innovativa, con linee di assemblaggio dei lamierati, due circuiti automatici di verniciatura, linee di abbigliamento, e un magazzino ultra moderno. Gli spogliatoi, i servizi igienici e la mensa si trovavano in un edificio apposito. All’epoca erano in lavorazione prototipi quali Aston Martin DB2/4, DB4 e Lagonda; anche le Maserati 3500 GT e le Lancia Flaminia GT e Convertibile erano in produzione. Nel 1962 tre delle quattro linee parallele di finizione nel nuovo stabilimento vicino Monza erano impiegate per i coupé e i cabriolet dell’ammiraglia Lancia. La carrozzeria era un sogno divenuto realtà che dava lavoro a 500 persone. Un sogno costato 2 miliardi di lire solo fino alla fase di start up e troppo presto polverizzato fra le carte bollate dell’amministrazione controllata prima e del concordato preventivo poi, fino alla liquidazione nel dicembre del 1966.
Qualcosa va storto. Il combinato disposto degli scioperi sindacali del periodo, che di fatto investivano tutte le case automobilistiche italiane per cui la Touring lavorava, e delle commesse che erano state annunciate ma non mantenute ha scatenato un mix letale per la carrozzeria, che in quattro anni si è vista oltretutto sfumare uno alla volta anche gli ordini già confermati. Come la costruzione su licenza Touring delle Aston Martin DB5 e DB6 Vantage, in Inghilterra, che si è rivelata di colpo problematica. Poi, dopo un migliaio di esemplari costruiti, c’è stato un rallentamento nei rapporti anche per la realizzazione dell’Autobianchi Primula Coupé S e, altra batosta, il fallimento del gruppo britannico Rootes Ltd con il quale la Carrozzeria era arrivata a un accordo nel 1962 per l’assemblaggio di una versione modificata del roadster Sunbeam Alpine, della berlina Hillman Superminx e per la realizzazione del coupé Sunbeam Venezia.
Tramonto di un mito. Anche la Fiat 124 C Cabriolet, che doveva essere realizzata dalla Touring dopo la presentazione al Salone di Torino del 1966, è saltata: il gradimento del pubblico si era dimostrato alto ma l’Avvocato Agnelli non voleva rischiare di bruciarsi la Fiat 124 Spider, che in quel periodo era in fase di progettazione da Pinin Farina. E così, dopo una lunga resilienza, la Touring è infine precipitata a terra come un animale morente. Al quale è stata riservata un’ultima offesa, ovvero l’archivio aziendale dato alle fiamme. Già, perché i nuovi occupanti dello stabilimento alle porte di Milano non hanno esitato, nella fretta di insediarsi, a bruciare le carte trovate negli uffici. Carlo Felice Bianchi Anderloni, geniale continuatore dell’opera paterna dal 1948, ha potuto salvare solo una piccola parte dei documenti, perché quando è accorso, avvisato da un ex dipendente che si era accorto del falò, era già tardi. Recuperava i fogli con le lacrime agli occhi, mentre quarant’anni di successi che hanno costituito le basi dell’Italian Style – nonché quarant’anni della sua vita – si stavano trasformando in cenere.
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© FOTO: ARCHIVIO FAMIGLIA BIANCHI ANDERLONI