Volkswagen Karmann Ghia, guida all’acquisto
Quali sono i punti deboli e le peculiarità del celebre modello germanico dall’abito italiano? Ecco la lista delle possibili insidie da controllare prima di aprire il portafoglio
Volkswagen Karmann Ghia, ovvero come vestire al meglio l’efficienza nella Germania degli anni Sessanta. La produzione della piccola tedesca disegnata dalla carrozzeria Ghia e assemblata in Sassonia dalla carrozzeria Karmann sulla meccanica del Maggiolino è iniziata per la verità nel 1955 ed è andata avanti con un boom irrefrenabile negli anni successivi, fino alla chiusura della catena produttiva nel 1974. Il mondo ne ha viste in circolazione quasi 445mila, fra coupé e versione cabrio: non nello Stivale, tuttavia, dove questa sportiva elegante non ha mai conosciuto una diffusione da alti numeri. La maggior quantità di esemplari è stata venduta nella sua terra natìa, la Germania, e in Brasile, dove la produzione è andata avanti nel quartier generale della Volkswagen con qualche piccola variazione rispetto alla versione del Vecchio Continente. Attualmente “abbiamo circa 100 Coupé e 60 Cabriolet e pensiamo che in Italia ce ne possano essere in giro altre cinquanta”, rivela il presidente del Karmann Ghia Club Italia Emilio Fano. Che indica i punti critici del modello e le cose a cui bisogna fare attenzione prima di acquistare un esemplare.
Carta d’identità. Per identificare correttamente la vettura, i numeri identificativi sono conosciuti con l’acronimo VIN (Vehicle Identification Number) o “matching numbers”, che corrisponde alla definizione maggiormente utilizzata nel contesto delle auto d’epoca per stabilirne l’originalità. La giusta combinazione di codice dei componenti principali (telaio e motore) indica che la vettura corrisponde alla specifica di produzione da nuova. È anche possibile avere la certificazione dei “matching numbers” richiedendo al Museo Volkswagen il “Fahrzeug Identitats Urkunde” che riporta i dati e l’allestimento originale dell’auto. Il certificato indica fra l’altro il paese di destinazione ed eventuali allestimenti speciali secondo le norme dell’epoca. Il numero di telaio della Karmann Ghia è invece ubicato sulla parte terminale del tunnel centrale, davanti al coperchio di ispezione del giunto dell’asta del cambio: la rilevazione avviene sollevando la panchetta posteriore. A tale numero deve corrispondere quello punzonato sulla targa rivettata all’interno del vano bagagli anteriore. Sulla quale sono presenti altre particolarità tecniche del veicolo. Il codice del motore è invece punzonato sotto la base del supporto della dinamo.
Carrozzeria. Può rivelarsi più complicata e onerosa da sistemare rispetto alle componenti meccaniche. Se il restauro è già avvenuto, è bene procurarsi le foto della vettura prima dei lavori per capire l’effettiva entità degli interventi. La carrozzeria va poi ispezionata possibilmente anche dall’interno, per capire se sono state apportate riparazioni non a regola d’arte. Un modo efficace per verificare la presenza di abbondanti stuccature è il suono della lamiera cupo anziché metallico come dovrebbe essere. Altro elemento importante da controllare attentamente sono i punti in cui si possono essere accumulate infiltrazioni d’acqua per via dell’invecchiamento delle parti in gomma. Un classico esempio è il fondo della portiera con le bolle sotto la verniciatura: la causa è il deposito d’acqua giacente per lunghi periodi, che viene di solito creato dai fori di drenaggio ostruiti e dalla gomma raschia vetro deformata. E arriviamo infine al nemico numero uno di tutte le auto d’epoca: la ruggine. Per questo motivo, anche nel caso di acquisto all’estero di una Volkswagen Karmann Ghia sarebbe meglio optare per un esemplare in arrivo da un Paese dal clima asciutto.
Corpo vettura. Gli elementi su cui puntare l’attenzione sono l’interno fari, cioè le coppe di contenimento dei fanali anteriori, rimuovendo gli anelli cromati. Altra parte fondamentale è il “naso” tra le due prese d’aria anteriori: occorre verificare la giunzione della lamiera e l’eventuale presenza di stucco o saldature (dall’interno del cofano anteriore). I longheroni laterali in tutta la loro lunghezza e lo stato generale del fondo vettura dall’esterno e dall’interno vanno ispezionati con cura, come anche l’interno del vano motore con particolare attenzione alla parte sotto la batteria di avviamento. Sono poi importanti lo stato generale dei passaruota anteriori e posteriori (parte alta) e la presenza e lo stato della protezione fissata all’interno dei parafanghi anteriori (è un pannello fissato verticalmente di cui serve fare anche un check-up). Infine, non bisogna dimenticare l’integrità dei cavi di apertura del vano motore e del cofano anteriore, dato che la loro rottura comporterebbe il taglio della lamiera.
Motore. È lo stesso del Maggiolino: raffreddato ad aria a circolazione forzata con ventola a comando termostatico, con 4 cilindri orizzontali contrapposti, distribuzione a valvole in testa, aste e bilancieri con albero a camme centrale. La potenza, in origine di 30 CV con cilindrata di 1.192cc nella prima versione è cresciuta fino a 50 CV nella serie più recente con cilindrata di 1.584cc. Il raffreddamento ad aria è semplice quanto efficace poiché il ventilatore ha la girante calettata sull’albero della dinamo. La quale ruota ad un numero di giri doppio rispetto al motore e viene azionata dall’albero a gomiti tramite cinghia, garantendo un flusso costante d’aria indipendentemente dalle condizioni di marcia. La regolazione del flusso avviene mediante un termostato che regola la portata d’aria, già consistente, in base alla temperatura del motore.
Componenti doc. Occhi aperti anche sul basamento del motore, che è fuso a pressione in lega leggera. L’impiego di questo materiale a base di magnesio ha consentito di limitare il peso del motore e quello complessivo della vettura poco sopra gli 800 kg. L’albero a gomiti è fucinato, con manovelle giacenti in uno stesso piano. Tutti i perni per cuscinetti sono trattati con tempra induttiva. L’albero appoggia su cuscinetti in lega leggera con superficie di scorrimento in piombo; le quattro bielle sono in acciaio stampato con sezione del corpo a doppio T. Sono accoppiate all’albero a gomiti mediante cuscinetti di bronzo al piombo sostituibili e portano le boccole di bronzo per gli spinotti. I pistoni sono in lega leggera con armatura in acciaio. Sono dotati ciascuno di due segmenti di compressione e di un anello raschiaolio. I quattro cilindri, fusi in lega speciale, sono identici tra di loro e possono essere sostituiti singolarmente assieme ai relativi pistoni. Apposite alette di raffreddamento, riportate di fusione, assicurano lo scambio di calore con l’aria di raffreddamento. Le testate sono divise per coppie di cilindri, sono abbondantemente alettate e sono staccabili. L’albero della distribuzione alloggia su tre supporti ricavati direttamente nel basamento e viene azionato dall’albero a gomiti mediante ingranaggi a dentatura obliqua. Le valvole vengono azionate dalle camme mediante punterie, aste e bilancieri.
Accorgimenti d’alta gamma. La meccanica presenta raffinatezze degne di vetture di categoria superiore. Ad esempio, l’adozione di un radiatore per il mantenimento ottimale della temperatura dell’olio e, di conseguenza, del motore. Mediante uno speciale termostato il lubrificante passa attraverso il radiatore solo con il motore in temperatura. Un’ulteriore chicca è poi il posizionamento del radiatore dell’olio: non è in vista poiché è ubicato all’interno della cassa del ventilatore ed è a sua volta ventilato dal flusso di aria indirizzato ai cilindri alettati e alle teste del motore. Tutti accorgimenti che hanno consentito di contenere a soli 2,5 litri la capacità del circuito di lubrificazione. Anche il filtro dell’aria in bagno d’olio è notevole, dato che eventuali impurità nell’aria aspirata dal carburatore vengono trattenute dall’olio dopo il passaggio attraverso un filtro metallico. Un sistema analogo è stato adottato anche per il filtro dell’olio motore che necessita soltanto di pulizia periodica, senza che debba essere sostituito.
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